martedì 30 novembre 2010

Addio a Mario Monicelli, l'ultimo grande. Si è suicidato in ospedale.


Il regista scomparso a 95 anni ci lascia in eredità un lungo elenco di film indimenticabili, con cui ha regalato ruoli da antologia ai migliori attori di casa nostra. Da "La grande guerra" ad "Amici miei". E negli ultimi mesi la battaglia a fianco degli studenti e contro i tagli alla cultura.

ROMA - Spesso nel corso degli anni, riferendo della scomparsa di questo o di quel veterano del cinema, i giornali hanno utilizzato espressioni del tipo "addio all'ultimo dei grandi". Ma mai come nel caso di Mario Monicelli questo modo di dire si sgancia dal luogo comune, diventando verità assoluta: perché questo immenso autore nostrano è davvero un personaggio unico, nel panorama della settima arte. Padre fondatore ed esponente più autentico - cinico, disincantato, eppure carico di passione civile - di quella nobile tradizione che va sotto il nome di commedia all'italiana.
Un genere che al suo genio, al suo talento, deve tantissimo. Come dimostra l'elenco dei suoi film più noti (in tutto ne ha girati quasi settanta): da La grande guerra a I soliti ignoti, da Amici miei a Guardie e ladri, da L'armata Brancaleone a La ragazza con la pistola. Così come a lui devono tantissimo i migliori attori italiani del Novecento, a cui ha regalato ruoli indimenticabili: da Vittorio Gassman a Totò, da Marcello Mastroianni ad Alberto Sordi passando per Monica Vitti.


Se ne va l'ultimo grande del cinema italiano. Aveva 95 anni. Si è buttato da un balcone al quinto piano dell'ospedale romano San Giovanni, dove era ricoverato per un tumore in fase terminale. Le reazioni del mondo della cultura e delle istituzioni.

ROMA - Addio a Mario Monicelli, l'ultimo grande del cinema italiano. Il regista, 95 anni, è precipitato dal quinto piano dell'ospedale romano "San Giovanni". E' accaduto intorno alle 21. Secondo fonti sanitarie, si è tolto volontariamente la vita. Era ricoverato da qualche tempo nel reparto di urologia, per un tumore alla prostata in fase terminale. Era in una stanza da solo. Non è stato trovato alcun biglietto. Il corpo è stato rinvenuto dal personale dell'ospedale, a pochi metri dall'ingresso del pronto soccorso, disteso in un vialetto, accanto ad alcune aiuole. Il reparto è presidiato dalle forze dell'ordine. Il padre del regista, Tomaso, scrittore e giornalista, si era suicidato, nel 1946.
Con Monicelli scompare l'ultimo testimone di una stagione gloriosa del cinema italiano. La sua è stata una vita dedicata al grande schermo: quasi un film l'anno, dall'esordio, giovanissimo, con I ragazzi della via Pal, nel 1934, fino a Le rose del deserto del 2006 e alla sua ultima opera, Vicino al Colosseo c'è Monti, un corto-documentario dedicato al rione nel quale viveva e presentato fuori concorso alla 65esima Mostra del cinema di Venezia. Nei mesi recenti aveva aderito alla protesta del mondo dello spettacolo contro i tagli alla cultura, incitando i giovani a ribellarsi per un futuro migliore. Si era lamentato che il cinema di oggi non riusciva a raccontare l'Italia come è, ma non ce l'ha fatta a guardare al suo futuro.

La notizia si è diffusa mentre era in onda l'ultima puntata di Vieniviaconme, su RaiTre. E molti telespettatori l'hanno appresa da Fabio Fazio: "Non posso andare avanti - ha detto il conduttore - devo dirvi che è morto Mario Monicelli. Lo avremmo tanto voluto qui, ma era malato e adesso non c'è più". Immediati i messaggi di cordoglio dal mondo della cultura e delle istituzioni. Un gesto, dice il regista Carlo Lizzani, che "nasce anche dal fatto che era un super laico, uno che voleva gestire la sua vita fino in fondo, un gesto da lucidità giovane". E aggiunge: "Quello che fa capire quale sia stata la sua statura è la sua durata nel tempo nella storia del cinema italiano, prima con Steno, poi durante il periodo di Fellini e Antonioni ha continuato la sua opera intervenendo anche sul tessuto sociale con film come Compagni. E' riuscito sempre a stare a passo con il tempo". "Sono attonito - ha detto Carlo Verdone - era probabilmente una persona stanca di vivere, che non sosteneva più la vecchiaia. L'ho apprezzato molto come grande osservatore e narratore anche se a volte non condividevo il suo cinismo. Un anno fa - conclude Verdone - mi capitò di fargli gli auguri a Natale. Rimase sorpreso: "Gli auguri - mi disse - non li fa più nessuno". Per il regista Giovanni Veronesi, "una cosa va detta: non ho mai sentito nessuno che si suicida a novantacinque anni. Era davvero speciale". E aggiunge: "Sono davvero scombussolato, l'avevo sentito poco tempo fa e pur sapendo che era all'ospedale, non lo sono mai andato a trovare. Peccato".

Una decisione tragica "che va rispettata, aveva insegnato a tutti il rispetto delle regole e della tolleranza e così se qualcuno gli avesse chiesto perché il suicidio, avrebbe risposto: saranno pure i fatti miei": così Michele Placido, che con Monicelli aveva lavorato in Le rose del deserto. "Me la ricordo bene quell'esperienza, era una persona di grande energia e nessuno riusciva a stargli dietro. Cinque giorni fa lo avevo chiamato e mi aveva invitato a fare uno spettacolo per i terremotati de L'Aquila. Era così, anche molto generoso". E il produttore Aurelio De Laurentiis: "Io che lo conoscevo profondamente e sapevo della sua grande dignità e del suo desiderio di essere sempre indipendente e autonomo, posso capire questo gesto".

"E' una notizia inaspettata, come lo sono sempre queste notizie, ma in particolare per uno come Monicelli, pieno di vitalità e di un carattere talmente forte che una fine così era imprevedibile. Personaggio straordinario, forse persino sottovalutato": con queste parole Alberto Barbera, direttore del Museo Nazionale del Cinema di Torino, ricorda Monicelli a poche ore dalla sua scomparsa. "Nelle prossime ore si deciderà con il direttore Gianni Amelio come rendergli omaggio durante il Festival". Al Torino Film Festival c'è sgomento e cordoglio per la morte del regista, che coglie di sorpresa i cineasti presenti sotto la Mole e gela il pubblico all'uscita delle ultime proiezioni serali. Il direttore Gianni Amelio si è chiuso dietro un "no comment", e così il regista Giuseppe Bertolucci che ha aggiunto: "Sono troppo toccato, preferisco aspettare e non dire nulla".

"La notizia ci riempie di sgomento e di profondo dolore - scrive in un comunicato il sottosegretario ai Beni culturali, Francesco Giro - scompare un maestro del cinema italiano, un narratore aspro e vero della nostra Italia. Forse Monicelli non la pensava come me, ma io da lui ho appreso ad essere migliore e a vivere la vita". Fra i primi a giungere all'ospedale San Giovanni, Renata Polverini. "La tragica morte di Monicelli ci lascia sgomenti e ci addolora profondamente - ha detto il presidente della Regione Lazio - lascia un grande vuoto, perdiamo uno straordinario regista, autore di indimenticabili film della commedia all'italiana. Il suo suicidio ci lascia tutti attoniti, alla sua famiglia va il profondo cordoglio mio e della Regione".

"Grande dolore" è stato espresso anche dal presidente della Provincia di Roma, Nicola Zingaretti: "Non conosco i motivi che lo hanno portato a compiere questo gesto, ma con Monicelli perdiamo non solo uno dei più grandi registi, ma anche un grande italiano che con la sua arte ha portato lustro al nostro Paese. Addio maestro". Walter Veltroni parla di "un uomo straordinario, 95 anni portati con aspra ironia, con la voglia di dire ancora qualcosa con rabbia e autorevolezza. Solo pochi giorni fa la sua voce si era levata in difesa del nostro cinema, senza retorica, con la coscienza di un maestro. Non rinunciava mai a farci pensare. Per lui, ridere e riflettere erano quasi un sinonimo".

giovedì 25 novembre 2010

FS: CISL, NEI PIANI ANZIEDALI PASSO INDIETRO SU TAGLI IN SICILIA.

Messina, 25 novembre 2010 - "Sembra ufficiale il passo indietro da parte di Trenitalia e di conseguenza verrà scongiurato il taglio di numerosi treni a lunga percorrenza da e per la Sicilia già programmato per il prossimo 12 dicembre". La notizia, che arriva direttamente dai piani aziendali emanati in queste ore da Trenitalia, viene accolta con soddisfazione dal segretario generale della Cisl di Messina Tonino Genovese, dal segretario provinciale della Fit Cisl Enzo Testa e dal responsabile Ferrovie della Fit messinese Michele Barresi.
"Già nei giorni scorsi - sottolineano - dopo la forte denuncia avanzata come Cisl, pur mantenendo la massima cautela, avevamo capito che le ferrovie stavano lavorando per il ripristino dei treni in Sicilia originariamente soppressi a far data dal prossimo orario. In queste ore giungono le prime importanti conferme". Niente più bus gran turismo da Siracusa a Messina a sostituzione dei treni cosiddetti "antenne", che saranno invece tutti ripristinati, così come il collegamento da Agrigento a Catania che verrà garantito dal treno n. 1932 che si fonderà col n. 1938 proveniente da Siracusa continuando per Roma. Salvo il collegamento anche da Palermo verso Roma, treno n. 1936, con partenza alle ore 20.20 e che a Messina verrà agganciato al treno 1938. Oltre 300 i posti di lavoro nel nodo cittadino messinese, tra ferrovieri e servizi in appalto, che erano interessati dal taglio. "Ma quello prossimo ad essere ufficializzato col nuovo orario è anche il risultato della grande mobilitazione dei lavoratori che ha visto sul territorio messinese i ferrovieri scioperare ben nove volte in tre soli anni", rivendica il sindacato.

mercoledì 24 novembre 2010

giovedì 18 novembre 2010

martedì 16 novembre 2010

"U sidìli o' cocciu"


Uno dei più belli angoli dell'isola di Augusta: u sidìli o' cocciu. Quante generazioni si sono susseguite nel trascorrere le mattinate o i pomeriggi su questo sedile in pietra arenaria, ad ammirare il mare, l'orizzonte, l'Etna e - quando le condizioni meteorologiche lo consensono - anche la Calabria. I vecchietti di Augusta si ritrovano con i loro amici a discorrere del loro passato comune di sofferenze e di guerra, del loro presente e del loro futuro sognando le soddisfazioni che riceveranno dai loro nipoti.

sabato 13 novembre 2010

giovedì 11 novembre 2010

E' morto Dino De Laurentiis - Dal Neorealismo all'America


Il produttore napoletano aveva 91 anni. Al suo attivo molti capolavori del dopoguerra, tra cui "Riso Amaro" e i classici di Fellini. Da 40 anni si era trasferito negli Stati Uniti: da "I giorni del condor" ad "Hannibal". Una vita all'insegna dei grandi amori (come quello per Silvana Mangano) e della passione per la settima arte.

Da Torre Annunziata, nell'hinterland napoletano, a Hollywood, passando per la grande stagione del neorealismo e della commedia all'italiana. E oggi il mondo del cinema, al di qua e al di là dell'oceano, piange la scomparsa di Dino De Laurentiis: il grande produttore è morto a Los Angeles, dove risiedeva da tantissimi anni. Aveva 91 anni. Con lui viene meno una delle ultime figure planetarie di tycoon vecchio stile, padre-padrone innamorato della settima arte, uomo di forte temperamento e passioni. Nella vita e sul set.

E' a lui, del resto, che si devono pellicole come Riso Amaro (1948) di Giuseppe De Santis (interpretato da Silvana Mangano, uno dei suoi amori più celebri); Napoli milionaria (1950) di Eduardo De Filippo; Dov'è la libertà? (1954) di Roberto Rossellini; Miseria e nobiltà (1954) di Mario Mattoli; La grande guerra (1959) di Mario Monicelli, Leone d'Oro a Venezia. Mentre, tra i suoi successi a stelle e strisce, vanno ricordati I tre giorni del Condor di Sidney Lumet, Il giustiziere della notte di Michael Winner (con Charles Bronson); L'Anno del dragone di Michael Cimino.

Una vita intensa, la sua. Segnata sia dal suo essere diventato, in età già matura, un emigrante di superlusso, sia dal suo rappresentare una sorta di sogno americano in salsa tricolore. Ma procediamo con ordine. Agostino (questo il suo vero nome) De Laurentiis nasce a Torre Annunziata (Napoli) l'8 agosto del 1919, da padre titolare di pastificio con in tutto sei figli tra maschi e femmine. Viene così istradato, da giovanissimo, al mestiere del genitore: ma una volta, in una trasferta di lavoro a Roma, vede per strada un annuncio del Centro sperimentale di cinematografia, che cerca nuovi talenti. E così la sua vita, all'improvviso, cambia: vuole fare il cinema. Con tanto di gavetta sui set, dove il Dino ragazzo fa di tutto: trovarobe, comparsa, quello che capita.

Ma il talento imprenditoriale si manifesta presto: nel 1941 fonda la Real Cine, produce il primo titolo di un certo successo, L'amore conta, e subito dopo passa a lavorare alla Lux Film. Ma c'è la guerra. Passata la quale De Laurentiis si ritrova con un gruppo di grandi autori a rifondare il cinema nostrano: è la magnifica stagione del neorealismo, e subito dopo quella della commedia all'italiana. Entrambe lo vedono, come produttore, tra i protagonisti. Nel 1948, sul set di Riso Amaro, l'incontro fatale con Silvana Mangano che diventerà la sua seconda moglie (in tutto ne ha avute tre) e con cui ha sei figli. Uno di loro, Federico, muore in un incidente aereo in Alaska. Ma la coppia d'oro del cinema è destinata a non durare: lui è gelosissimo ("e per questo che non ho mai potuto recitare con Matroianni", confessò lei), e i due finiscono per divorziare.

Sul piano professionale, intanto, il produttore realizza il primo film italiano a colori, Totò a colori (1952) per la regia di Steno. Con Federico Fellini arrivano La strada e Le notti di Cabiria, ambedue premi Oscar per il miglior film straniero. Ma i confini italiani sembrano stargli stretti: così si butta in un nuovo faraonico progetto e realizza sulla via Pontina, alla porte di Roma, Dinocittà, una sorta di Hollywood sul Tevere sul modello di Cinecittà. Tra i kolossal che vi vennero girati, il classico La Bibbia. Qualche anno più tardi, è il 1972, la svolta: la partenza con biglietto di sola andata per Hollywood. Primo film prodotto, Serpico di Sidney Lumet. Seguono, tra gli altri, King Kong, Flash Gordon, Ragtime. Un'attività che, continua, instancabile, nel corso degli anni: tra i suoi ultimi film, il poco riuscito Hannibal di Ridley Scott, seguito del Silenzio degli innocenti. Nel 2001 la consacrazione definitiva, con l'Oscar alla carriera. E adesso, a 91 anni, l'addio: a mantenere il testimone del cinema, in famiglia, resta solo - da questa parte dell'oceano - suo nipote Aurelio, che insieme al figlio Luigi è il re tutto italiano dei cinepanettoni.

Lo scorso anno, in occasione del suo novantesimo compleanno, De Laurentiis era stato festeggiato, sia nel nostro Paese che negli Usa. E lui non si era sotratto all'inevitabile retorica dell'omaggio. Anche se sempre condito dall'autoironia: "In Italia sono il dottor De Laurentiis, in America Mister D o al massimo Dino. Come Sinatra che era Frankie e basta. Qualcosa significa, no?". E sul suo essere etichettato come paladino di film di solo intrattenimento: "Ancora dicono che faccio film commerciali... lo stesso destino del povero Totò. E La strada, poi?". Ma forse la verità è nel suo discorso di ringraziamento per l'Oscar del 2001: "Il cinema è una droga, è una fatica. Ma è esaltante: ho fatto 600 titoli, ma a ogni nuovo progetto mi ci butto con l'entusiasmo e la curiosità del primo".

mercoledì 10 novembre 2010

venerdì 5 novembre 2010

Se c'è una cosa che apprezzo di Berlusconi è la coerenza...


...il Paese va a puttane e lui che fa? Gli è solidale, va a puttane pure lui!!

giovedì 4 novembre 2010

Tra Dei...


martedì 2 novembre 2010

Adesso basta!

Siamo arrivati ad un punto giuridicamente e moralmente intollerabile! Il Presidente del Consiglio italiano - spremendo il suo bieco personalismo - ha fatto colare la goccia che ha permesso al vaso di traboccare. Si sta assistendo ad una agonia di un governo palesemente claudicante, formato da persone talmente incompetenti che hanno fatto un provino che certificasse l'assoluta mancanza di Q.I. proprio per diventare ministri, e guidato da una persona (se così può essere definita) che ha inquinato di fango, ignoranza ed illegalità tutte le attività di cui si occupa, sia istituzionali che non.
In questo ultimo periodo si è arrivati allo schifoso paradosso di assistere ad uno scempio indecoroso: ragazze (anche minorenni) vengono letteralmente "scortate" dai Carabinieri a Palazzo Grazioli (tutto documentato da video). Io ritengo che non sia degno di un Paese che vuole definirsi civile pensare anche minimamente ad una cosa del genere, mentre parallelamente assistiamo a decine di magistrati che quotidianamente chiedono la scorta per motivi di incolumità e di pubblica sicurezza collegati alla loro funzione giurisdizionale e tale richiesta viene pedissequamente negata!
Questo "delinquente" continua a rimanere attaccato al seggio istituzionale della Presidenza del Consiglio, perpetrando quotidianamente illeciti "legalizzati" ed immoralità vergognose. Cerca di tagliare le gambe a qualsiasi soggetto - fisico o giuridico - che manifesti un'opinione contraria alla sua; offende e vilipende tutti gli alti organi costituzionali che gli eccepiscono una qualsiasi violazione delle corrette regole istituzionali, dal Presidente della Repubblica alla Corte costituzionale, dal Presidente della Camera dei Deputati al Consiglio Superiore della Magistratura. Uno Stato di diritto che vuole mantenere tale denominazione non può permettere che una vicenda del genere possa continuare a manifestarsi: tutti i sistemi di controllo e di sicurezza atti ad impedire il "travalicamento" dell'ordine democratico e costituzionale devono mettersi in moto per poter tornare all'ordine costituito e per porre un freno a questa valanga patologica.
Ancora oggi ci sono parlamentari della Lega ignoranti che sostengono che un governo tecnico costituisca un "golpe" o un sovvertimento democratico, così come asserisce anche il Presidente del Consiglio. Questi soggetti dovrebbero sapere, già per motivo connaturato al ruolo che essi rivestono, che la eventuale formazione di un governo tecnico è una previsione costituzionale perfettamente legittima e conforme agli equilibri costituzionali in determinati momenti di crisi parlamentare e tale previsione è rimessa alla discrezionalità istituzionale della somma carica costituzionale (Presidente della Repubblica), che valuta la possibilità di trovare alternative maggioranze in Parlamento e nominare un esponente "tecnico", non politico, il quale, sorretto da tali maggioranze, riesca a guidare un esecutivo che ponga in essere determinati atti governativi/legislativi volti a ristabilire "l'ordine parlamentare ed istituzionale" (quali la legge elettorale), per poi ritornare alle elezioni politiche in condizioni di maggiore legittimazione (e legittimità) democratica e costituzionale.
Lo sdegno accumulato per l'inverecondo spettacolo cui il Presidente del Consiglio quotidianamente ci costringe ad assistere non può e non deve andare oltre. Occorre manifestare assoluta contrarietà, opposizione e CONDANNA nei confronti di questo Presidente del Consiglio, di questo Governo e di questo modo di guidare una nazione!

ADESSO BASTA!